Il cielo plumbeo mi ricordava che nulla era certo e nulla era scontato nel momento in cui pensavo che il sole non dovesse mai scomparire.
Ovviamente intendevo il mio sole interiore che, per quanto sempre luminoso, in questo frangente si celava dietro i soliti dubbi mentali che rendevano il tutto dannatamente difficile e fin troppo prevedibile.
Era compito mio andare oltre tutto questo anche se avevo già appurato che il duro lavoro non era sufficiente. Intuitivamente l’avevo sempre saputo: si trattava di andare ancora più a fondo perché potesse prevalere la mia bellezza inattaccabile sull’oscurità esteriore.
La mia forza di volontà non era mai mancata anche si era sempre rivelata fin troppo razionale perché vi potesse essere quel salto di qualità da tempo ricercato.
Il punto probabilmente era cambiare radicalmente la mia modalità operativa così che potessi superare l’ostacolo di lato invece che continuare a sbatterci addosso con la presunta forza dell’ego che voleva a tutti i costi che le cose andassero come lui si era prefissato.
Sicuramente era anche una questione di lasciare andare questa forte e ingannevole identificazione con questa personalità che nel corso degli anni si era formata in base alle mie ferite del passato.
Questo era il vero limite. La mente aveva sempre proiettato tutto esternamente facendomi credere che tutto fosse esterno ma la frontiera da conquistare era sempre dentro di me.
Ce la stavo facendo, probabilmente con un successo maggiore rispetto a quanto credito mi davo e la strada era quella giusta anche se inevitabilmente non sarebbe stata una linea retta priva di inconvenienti.
La mia forza interiore e sopratutto la mia bellezza più profonda e autentica avrebbero sempre prevalso su qualsiasi muro, in realtà sempre illusorio, che si manifestava sul mio cammino, ora sempre più deciso verso la meta.
In realtà una meta precisa in un ipotetico futuro forse non c’era e si trattava di avere l’umiltà di accettare di momento in momento ciò che la vita mi poneva davanti senza che fosse sempre il giudizio mentale a prevalere.
Come sempre, per quanto la teoria potesse essere più o meno chiara, la pratica apparteneva ad un altro mondo che era tutto da esplorare.
La mia volontà era forte ma avevo già cominciato ad assorbire la lezione sul fatto che troppa mente avrebbe sempre e solo limitato e non favorito la buona riuscita dell’intera “operazione”.
Il cuore doveva dirigere o quantomeno dovevo permettermi di lasciare andare questo onnipresente controllo mentale che imbrigliava la mia vera essenza senza che potessi sentirmi realmente vivo.
Il potere era sempre insito in me e con un certa dose di pazienza sono sicuro che avrei avuto un pieno successo anche se forse, paradossalmente, già l’avevo ottenuto nel riuscire a guarire una serie di ferite profonde nel corso degli ultimi anni.
Tutto questo era avvenuto ad un livello del quale la mia mente non poteva essere consapevole e stava a me esplorare sempre meglio questi luoghi sconosciuti al mio ego dove il mio cuore, ora sempre più coraggioso, avrebbe portato la luce.
Forse non c’era una sentiero preciso da percorrere e tutto era sfumato senza che vi fosse necessariamente una divisone netta fra giusto e sbagliato nel momento in cui l’unica cosa che veramente contava era il mio sentire interiore a prescindere da ciò che arrivava, se piacevole o meno, a livello emotivo.
Io stesso mi sorpresi di come riuscissi a proseguire questo percorso rendendomi anche conto di come io stesso, il vero me, non fosse in realtà rappresentato dalla mente, che era solo il personaggio che mi ero costruito per sopravvivere, ma da ciò che osservava tutto questo con una saggezza ed una tenacia che non erano pienamente comprensibili per il mio ego, sempre troppo impaurito.
Senza entrare troppo in discorsi fin troppo oltre rispetto alla mia consapevolezza e sopratutto fin troppo teorici rispetto all’unica cosa che realmente contava, ossia la pratica, il punto era che stavo imparando tanto anche se il prezzo da pagare era alto, molto alto e troppo spesso la mia mente era incredibilmente impaurita.
Le paure proiettate esteriormente ad un livello più o meno inconscio non erano mai reali e rappresentavano sempre e solo un modo per la mia mente di proteggermi in base a ferite del passato che rimanevano attive.
Il mio compito quindi era quello di andare sempre oltre e mai contro, perché la mia vera essenza potesse liberarsi dopo anni bui di costrizione esistenziale.
Le tenebre terrorizzavano la mia mente anche se il suo proteggermi non faceva altro che alimentarle o quantomeno non mi permetteva di superarle rischiarandole con la forza del mio cuore.
Sono sicuro che nulla mi avrebbe fermato per il semplice fatto che nulla di esterno era mai realmente concreto ma sempre e solo proiettato dal mio ego per fini di sopravvivenza.
L’unica realtà era presente in me e pulsava sempre più forte mano mano che ritrovavo il contatto con il mio cuore, vero tesoro della mia esistenza.
Non potevo ancora neanche immaginare cosa avrebbe significato vivere con il cuore e non con la mente anche se percepivo in lontananza che definirlo “paradiso” sarebbe stato limitante.
Si sarebbe trattato di assaporare una serie di sfumature che la mente mi aveva sempre precluso allo stesso tempo godendomi una realtà priva di paure mai reali e sempre troppo invadenti.
Il cuore, con la sua forza benevola e la sua infinita e maestosa luce, avrebbe sciolto la mente, mia fidata alleata negli anni passati, nata per proteggermi in base a episodi di un passato da lasciare andare.
Il mio sentire profondo ed autentico avrebbe rappresentato la mia salvezza nel portarmi verso la luce che aveva sempre brillato dentro di me senza che me ne accorgessi.